"Kill your idols" di Scott Crary - 70 min. (Rarovideo, 2004)

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“Kill your idols” è' un collage video, una forma già sperimentata in precedenti raccolte postume, la sintesi di uno specifico periodo, luogo e musica.

Le origini della cosiddetta No Wave sono qui indagate e subito risolte, con radici nel punk primigenio dei Suicide, nella natura reietta dei protagonisti loro malgrado, nella natura esorcizzante di quei suoni, nelle origini del disagio, il rifiuto e la fuga dal glamour pop, attratti dall'estremo lato della vita newyorkese.

Questo prezioso documentario è stato interamente realizzato da Scott Crary nel 2002\2003, inclusa regia, fotografia, produzione e montaggio, con un budget di soli 300$. Fu anche premiato al Tribeca Film Festival di New York, nell'anno 2004.

Prezioso però lo è in parte. Infatti la prima impressione nel trovare Yeah Yeah Yeah, Liars, Gogol Bordello, o peggio ancora A.R.E. Weapons, porta a chiedersi, ma qual'è il senso? La risposta la forniscono durante la visione del documentario i veterani nowavers, dopo questi minuti sottratti alla parte più significativa del documentario. Glenn Branca spiega che la musica oggi somiglia più a quella della vecchia Los Angeles, con tutti questi personaggi in cerca di gloria.

Tolta la più moderna e attuale parentesi quindi, il gioiello risplende delle parole infuocate della regina newyorkese, quando Lydia afferma: "Che mucchio di bambinoni ruffiani pop, post-punk (lett. Mama's boys). E' questo il guaio più grande della musica odierna”.
Con le sue parole Lindsay ci lascia invece con il vuoto e le incertezze che caratterizzano una mancanza di senso e di significati a cui nessuno ora sembra in grado di dar risposta.

Due aspetti contrastanti emergono da questa visione, di generazioni a confronto: il rifiuto e la ricerca di identità.
Lydia Lunch è drastica nello scaricare le giovani bands newyorkesi qui messe a di fronte a i presunti padri, presunti perché forse attribuiti per esigenza pressante dell'industria in cerca costante di icone e riferimenti.
La New York moderna non permetterebbe probabilmente a nessuno di loro di manifestare questo spirito di rigetto e libertà, e con gran difficoltà oggi troverebbero le condizioni per vivere in modo intenso nell'underground.

Un voto definitivo mi è difficile attribuirlo, e continuo a non capire che diavolo ci fanno giovani in canottiera in questo documento. Non riesco a paragonare il pompino immaginario di una groupie al singer degli A.R.E. Weapon con la degenerata fellatio di Lydia a Clint Ruin. Mi sembrerebbe di paragonare una scena di "Vacanze di Natale" a una trapanata sfinterica del nipponico "Tetsuo". Chiedersi chi oggi possa raccogliere l'eredità No Wave è privo di senso, un musicista tale oggi sarebbe colui che si nasconde per prima cosa dai media, pertanto non sarebbe dato ad alcun giornalista di conoscerlo.

Ci sono anche “ bonus interviews” per un ulteriore conferma del carattere per nulla compromissorio dei nowavers.

Tra questi una intervista sbilenca di Rubini ai quattro Gaznevada, un quarto di millennio sommando le età dei presenti, un museo di pezzi DOC, con qualche momento di stordimento, vuoto di memoria, classici d'autore della Traumfabrik.
Poi Alberto Radius (degli allora Formula Tre) che dimostra qualche esaltazione per l'estremismo musicale, un po' digiuno di punk , sparandone qualcuna grossa, dallo sberlone al figlio diciottenne se si facesse una canna, o raccomandare ai nowavers di New York un po' di scuola musicale per esser meno casinari. Bah!
Luca Rea, un regista italiano , porta anche il suo contributo, ma nel complesso il valore di “Kill your idols” deriva sostanzialmente da quelle sequenze di noise di marca, magistralmente aperte da coloro che generarono l'embrione: Suicide.

Rarovideo

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